Riguardo le forme di lotta del movimento, provo a fare questa mappa.
I no-global sono non violenti e rifiutano pure l’etichetta di no-global. Preferiscono quella di “altermondialisti”. L’etichetta no-global è una semplificazione giornalistica, ha origine dal nome della rete di Francesco Caruso arbitrariamente esteso a tutto il movimento. Il principio è: noi siamo contro questa globalizzazione liberista a senso unico, non contro la globalizzazione in sè, anzi rivendichiamo una globalizzazione dei diritti.
Il Genoa Social Forum che raccoglieva tutte le associazioni manifestanti contro il G8 assumeva la non violenza come discriminante per la partecipazione al movimento. Nessuna violenza contro cose o persone, per nessun motivo. A questa impostazione aderirono centinaia di migliaia di persone.
A Genova, il 21 luglio c’erano 700 mila persone, la città era completamente paralizzata, gli spezzoni dei cortei erano quasi immobili. Ricordo di avere passato ore, fermo nella calca dei manifestanti, sulla strada del lungo mare. Ogni tanto, fuggivamo tutti, con il rischio di essere travolti e schiacciati, perchè molto più avanti partivano le cariche. Si fuggiva in tanti senza sapere esattamente da dove arriva il pericolo e dove poter ripararsi. I fotoreporter mostravano video impressionanti di persone inermi caricate dalla polizia. Ricordo l’immagine di una donna di 60 anni, stesa per terra con la faccia coperta di sangue.
Poi c’erano le tute bianche, il 30 per cento dei centri sociali. I centri sociali tutti insieme forse facevano 10-20 mila persone. Le tute bianche dicevano: ok, nessuna violenza, per nessun motivo. Però, simuliamo. Facciamo la violazione simbolica della zona rossa, parliamo un linguaggio incendiario: “dichiarazione di guerra all’impero”, etc. Per me, era un comportamento irresponsabile che avrebbe prestato alibi alla repressione. Per loro, invece, era un comportamento opportuno perchè avrebbe permesso di incanalare in una protesta simbolica, una violenza potenzialmente autentica.
Poi c’erano il resto dei centri sociali, raccolti nel Network antagonista, i quali dicevano: va bene, nessuna violenza, però se la polizia ci attacca noi ci difendiamo. Questa è l’area di cui facevano parte Giuliani e i ragazzi intorno al defender di Piazza Alimonda.
Poi c’erano i black bloc, esterni al movimento, che non erano interessati alla zona rossa, ma solo alla devastazione della città. Con un particolare tutto italiano. Mentre nel resto d’Europa, i black bloc distruggevano in modo selettivo, mirando ad obiettivi di “classe”: banche, sedi di multinazionali, bersagli di lusso, a Genova erano interclassisti, distruggevano di tutto anche le utilitarie. Il motivo di questa differenza tra Italia e Europa è rimasta un mistero, salvo attribuirla a infiltrazioni della polizia e di formazioni dell’estrema destra.
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