Ma l’autorità dovrebbe assumersi la responsabilità di decidere cosa è più importante: la tutela della salute, quindi l’obbligo vaccinale.
Il green pass è un compromesso tra il diritto di scelta a tutela della libertà individuale e l’obbligo vaccinale a tutela della salute pubblica. Un compromesso consentito dalle soluzioni non farmacologiche. Per partecipare alla vita sociale, puoi scegliere di vaccinarti, o puoi farti un tampone, oppure astenerti da alcune attività.
Il compromesso è adatto per una democrazia plurale e conflittuale. Può esserlo meno, per una pandemia. Nell’emergenza, l’autorità dovrebbe mettere a rischio se stessa e assumersi la responsabilità di decidere cosa è più importante: la tutela della salute pubblica, quindi l’obbligo vaccinale.
Secondo alcuni, adesso non si può, perché i morti sono pochi e gli ospedali quasi vuoti. Si potrebbe più in là con un aumento dei decessi e dei ricoveri. Dato l’andamento ondulatorio della pandemia, questo non sentirsi troppo giustificati, impedisce di prevenire le situazioni da zona rossa, ma solo di fronteggiarle quando è troppo tardi. Una strategia occidentale che è costata centinaia di migliaia di morti e la formazione di varianti più pericolose e forse più resistenti ai vaccini.
La vaccinazione potrebbe non essere obbligatoria se combinata in modo rigoroso con gli altri strumenti di mitigazione: le mascherine, il distanziamento, la ventilazione, la sanificazione, i coprifuoco, la dad, lo smart working, il tracciamento. Tuttavia, chi rifiuta un mezzo di contrasto, in genere, rifiuta anche gli altri.
Fin dall’inizio della pandemia, un quinto o un quarto della società ha fatto opposizione a tutte le misure di contenimento. Persone che si sentono invulnerabili, fortunate, anticonformiste, hanno voluto affermare un principio: il contenimento del contagio non è prioritario. Altre cose sono più importanti: la libertà, la privacy, l’economia, l’istruzione, la socialità, gli abbracci, la visualizzazione dei sorrisi. Persino la tutela della salute, ma solo dai possibili effetti collaterali delle misure di contenimento.
La priorità sostenuta con più convinzione è stata l’economia. Chi l’ha sostenuta, ha ritenuto davvero che fosse subito più importante della salute. Ed oggi, proprio per tutelare l’economia, sostiene la vaccinazione di massa. Per esempio, la Confindustria che vuole il green pass per accedere al lavoro.
Le altre cose “più importanti”, invece, sembrano una giostra di pretesti da opporre alla priorità sanitaria. La dichiarazione: “Sono favorevole alla tal misura, ma contrario ad obbligarla” è ipocrisia, poiché l’impegno del dichiarante è rivolto solo a contrastare l’obbligo.
Una discriminazione valida e motivata
Adesso è la volta del green pass accusato essere discriminatorio. Nel senso comune la discriminazione è diventata soltanto negativa, associata al censo, al sesso, alla razza. Tanto da venir proposto un abnorme paragone con le leggi razziali.
Ma le discriminazioni abominevoli della storia, non hanno un motivo razionale. Perché un ebreo non dovrebbe poter entrare in un negozio? Perché un nero non dovrebbe poter salire su un pullman o sedersi solo nei posti dietro? Quelle discriminazioni colpiscono gruppi umani per le loro caratteristiche innate o per condizioni irrimediabili. Una donna non può diventare uomo; un nero non può diventare bianco; un ebreo non può diventare ariano; un povero non può diventare ricco in una società divisa per caste. Le discriminazioni storiche sono state tali perché definitive, per un tempo secolare.
Cosa c’entra il green pass? Il motivo razionale per escludere un non vaccinato dalle attività sociali esiste. Egli ha probabilità molto più alte di infettarsi e di infettare gli altri. Così, come esiste il rimedio. Egli può vaccinarsi; oppure può farsi un tampone. Finita la pandemia, fine delle distinzioni e delle limitazioni. Se, invece, la pandemia diventasse endemica, l’obbligo vaccinale potrebbe essere codificato, come è successo per altre malattie: il vaiolo, la poliomielite, il tetano.
Ad oggi, la storia non mostra esempi di dittature sanitarie instaurate a causa di un vaccino. Mostra invece regimi autocratici di ogni tipo che hanno trascurato di curare la propria popolazione, per la povertà dei mezzi, per il disprezzo per le vittime, o per cultura, perché era considerata normale la decimazione umana, a causa delle malattie. Poveri ammassati e isolati nei lazzaretti. Ancora oggi, come segnala la filosofa Donatella Di Cesare, il problema più serio è garantire il diritto a vaccinarsi a chi è davvero discriminato, perché povero e immigrato.